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I grandi cantanti lirici italiani

Mario Del Monaco

Mario Del Monaco (Firenze, 27 lu-glio 1915 - Mestre, 16 ottobre 1982) è stato un tenore italiano.

Nacque da distinta famiglia, padre napoletano e madre florentina. Dopo aver studiato violino inizialmente come autodidatta, si rese conto che la sua reale passione era il canto. Il maestro Raffaelli riconobbe il talento del giovane e lo aiu-to negli inizi. Frequento il Liceo Musicale di Pesaro dove studio con il maestro Arturo Melocchi. Successivamente fu al-lievo della scuola di perfezionamento al Teatro Reale dell' Opera di Roma, dove pero il metodo di insegnamento inadatto alle sue caratteristiche vocali gli procuro problemi, che il maestro Melocchi contribuí in seguito a risolvere.

Appassionato di pittura e scultura, si diplomo anche alla Scuola d'Arte della stessa città di Pesaro. Sposo Rina Fedora Filippini, conosciuta alla scuola del Teatro dell' Opera di Roma, nel 1941.

La sua carriera ebbe inizio nel 1939 con il debutto nel ruolo di Turiddu in Ca-valleria rusticana di Mascagni. Il primo successo risale al 31 dicembre 1940, nel ruolo di Pinkerton (Madama Butterfly), al Teatro Puccini di Milano. Dopo un periodo di attività irregolare a causa della guerra, la sua carriera decollo dal 1945 in poi. Il debutto internazionale avvenne nel 1946 a Londra, quello alla Scala di Milano nel 1949 in Andrea Chénier di Umberto Giordano (compositore che stimo assai l'interprete). La vera svolta della sua car-riera avvenne nel 1950, con il debutto nel ruolo del protagonista nell' Otello di Verdi al Teatro Colón di Buenos Aires. Da qui in poi gli si aprirono le porte dei teatri più prestigiosi del mondo, in spettacoli passati alla storia dell' opera, collaborando con i più grandi artisti della sua epoca. Da ricordare il suo sodalizio con Renata Tebaldi, sua partner in numerose recite, particolarmente in Tosca, Otello e Andrea Chénier. Fu il primo cantante italiano nel dopoguerra ad esibirsi al Teatro Bol'soj di Mosca, dove il fanatismo suscitato dalle sue interpretazioni di Carmen e Pagliacci indusse le autorità sovietiche a conferirgli l'Ordine di Lenin, massima onoriflcenza dello Stato.

Nel 1964, un grave incidente auto-mobilistico lo costrinse ad interrompe-re la sua attività, che riprese comunque entro la flne di quell' anno, per proseguire poi flno agli anni Settanta.

La sua voce é estremamente dota-ta per volume, colore ed estensione, e ha saputo mantenersi integra sino alla morte. Il suo canto nobile è caratteriz-zato da un fraseggio declamatorio, da un accento nobile appunto, esaltando la potenza, lo squillo e l'impeto drammati-co del canto, ma non per ultime le mezze voci, i pianissimi, gli interminabili fiati (basta ascoltare le sue incisioni live per ascoltare i suoi pianissimi e mezze voci, al contrario di ció che affermano i suoi detrattori). Interpretó in 427 recite l' Otello verdiano. Di quest' opera, nella quale poté esprimere a pieno le proprie doti, ha lasciato numerose incisioni di-scografiche, tra cui l'edizione del 1953 che lo vede al fianco di Renata Tebaldi, sotto la direzione di Alberto Erede e quella del 1960 con Herbert Von Karajan, che lo vede, forse per la prima volta, piegare la sua voce a più sottili sfuma-ture.

Nel ruolo del Moro di Venezia, Del Monaco è stato uno dei maggiori inter-preti del XX secolo. Del Monaco fu se-polto nei panni di Otello, col costume da lui stesso disegnato.

Dopo aver fatto conoscere l'Italia all' estero, dopo aver innovato il canto (si ricordi che erano spesso gli stessi autori delle opere a congratularsi dicendo "quel ruolo l'ho proprio pensato cosi"), dopo aver dato un tocco di nobiltà ed eleganza a questo paese, Mario Del Monaco non viene mai ricordato in nessun evento pubblico, tele-giornale, documentario, concerto o altro.

Abbandonó le scene nel 1975 dopo alcune repliche di Pagliacci. Ritirato-si nella sua villa di Lancenigo, vicino a Treviso, si dedico all'insegnamento fino alla morte, avvenuta per un infarto con-seguente ad un lungo periodo di dialisi renale. Le sue spoglie mortali, avvolte nelle vesti da lui disegnate di Otello, ri-posano nel cimitero centrale di Pesaro. Il monumento sepolcrale è opera dello scultore Gio Pomodoro.

Tito Gobbi

Tito Gobbi (Bassano del Grappa, 24 ottobre 1913 - Roma, 5 marzo 1984) e stato un baritono italiano. Noto non solo per essere stato cantante, ma anche attore, regista, scenografo, disegnatore, insegnante e costumista.

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Il giovane Tito studio giurispruden-za all'Università di Padova. Durante lo studio, il suo talento venne scoperto da un amico di famiglia, il barone Agosti-no Zanchetta che gli suggeri di studiare canto lirico, come baritono. E cosi, nel 1932, Gobbi si trasferi a Roma per studiare canto con Giulio Crimi, tenore siciliano che fu il primo interprete del Trittico di Puccini e di Francesca da Rimini di Zandonai. Ad accompagnarlo al pianoforte alla prima audizione fu Tilde De Rensis, figlia del musicologo Raffa-ello, che nel 1937 divenne sua moglie. Dal matrimonio nacque un'unica figlia, Cecilia, che si occupa dell' "Associazio-ne Tito Gobbi", un sito per onorare la memoria del baritono scomparso.

La prima esperienza per Tito Gobbi su un palcoscenico fu nel 1935, a Gub-bio, con l'interpretazione de il Conte Rodolfo in La sonnambula di Vincenzo Bellini. Successivamente vinse il Concorso Internazionale di Canto a Vienna, cui segui I condottieri, il primo dei suoi 26 film, e una borsa di studio al Teatro alla Scala di Milano. Nel 1937 debutto come Giorgio Germont in La traviata di Giuseppe Verdi al Teatro Adriano di Roma. Sotto la guida e direzione di Tul-lio Serafin, preparó molti ruoli, fra cui alcuni che sarebbero stati fondamentali per la sua carriera, come Scarpia (Tosca), Rigoletto e Simon Boccanegra. Nel 1942, sempre alla Scala, fu protagonista della prima italiana del Wozzeck di Alban Berg (nel ruolo del titolo), uno dei suoi capolavori, che in seguito cantera ancora a Napoli e a Vienna con il maestro Karl Bôhm, alla Scala con Di-mitri Mitropoulos; la sua ultima recita di Wozzeck sarà registrata per la RAI a Roma nel 1954, con la direzione del

maestro Nino Sanzogno. Oltre al Wozzeck, canto Nebbie di Ottorino Respighi (contemporaneo di Berg), accompagna-to dal pianista Gerald Moore.

Andando avanti con gli anni, il suo repertorio comincio a diventare mol-to vasto, fino a comprendere oltre 136 personaggi in più di 100 opere liriche di epoche diverse, da Claudio Monteverdi ai contemporanei (Pizzetti, WolfFerrari, Berg, Weill, Respighi, ecc.), poi anche i personaggi di Verdi e dei com-positori veristi (i suoi cavalli di batta-glia), tra cui Ford (Falstaff), il Sergente Belcore (L'elisir d'amore), Marcello (La bohème), Giovanni De Siriex (Fedora), il primo Doge di Genova ossia Simone Boccanegra, il marchese di Posa ossia Rodrigo (Don Carlo), Rigoletto, Gianni Schicchi e tanti altri, sia in tea-tri italiani sia in quelli esteri. Nel 1947 torno alla Scala per cantare La danna-zione di Faust di Hector Berlioz in lingua italiana. Sempre nello stesso anno, con il Rigoletto a Stoccolma, comincio la carriera internazionale, che lo porto in tutto il mondo, in un arco di tempo cosi vasto da avere come partner molti dei maggiori interpreti del teatro lirico del XX secolo. Con Maria Callas canto molte volte bella Tosca, due in studio e molte dal vivo.

Il suo repertorio comprendeva anche la Francesco Cavalli e canzoni na-poletane. Inoltre si ricorda come grande Figaro in Il barbiere di Siviglia e come protagonista in Guglielmo Tell, opere entrambe di Rossini, e Lord Enrico in Lucia di Lammermoor di Donizetti.

Canto poi la musica, di Carl Maria von Weber e Wolfgang Amadeus Mozart. Si presento al Teatro dell'Opera di Roma per cantare Il franco cacciatore

di Weber nel 1940 (nessuna registra-zione) e al Festival di Salisburgo nel 1950, come Don Giovanni nell'omoni-ma opera di Mozart diretto da Wilhelm Furtwängler, affiancato alla Donna Elvira di Elisabeth Schwarzkopf e al Le-porello di Erich Kunz (solo disco); nel-lo stesso anno fu Don Giovanni anche a Stoccolma. Da giovane, Tito Gobbi fu anche Figaro in Le nozze di Figaro di Mozart, poi verso la fine degli anni cinquanta fu anche il Conte d'Almaviva nella stessa opera.

Dal 1952 al 1964 comincio a fare molte incisioni in studio, soprattutto al Teatro alla Scala, tra cui Tosca (De Sabata, 1953, e Prêtre, 1964), Don Carlos (Santini, 1954), Aida (Serafin, 1955), Falstaff (Karajan, 1956), Il barbiere di Siviglia (Galliera, 1957), Otel-lo (Serafin, 1960) e tante altre ancora. Poi, oltre che con Galliera, fu Figaro sotto Carlo Maria Giulini, dal vivo alla Scala, poi Rodrigo nel Don Carlos di Verdi sempre diretto da Giulini, con la regia di Luchino Visconti, Tosca con Maria Callas e Renato Cioni al Covent Garden nel 1964 sotto Carlo Felice Cillario, con la regia di Franco Zeffirel-li, e alla Lyric Opera di Chicago, subito dopo Londra, nel Simon Boccanegra, dove fece anche il suo debutto nella regia sotto la direzione di Bruno Bar-toletti. Inoltre, sempre con la direzione del maestro Herbert von Karajan, esistono due versioni discografiche di Falstaff, in studio nel 1956 e dal vivo, a Salisburgo, nel 1957. Celebre anche il suo Falstaff del 1958 dal vivo a Chicago diretto da Tullio Serafin. Poi, verso la fine della sua carriera, fu Don Giovanni sotto Colin Davis a Londra nel 1967, sotto Ferdinand Leitner a Chicago nel

1969 e sotto Oliviero De Fabritiis a Li-sbona nel 1971.

Dell'arte di Tito Gobbi restaño mol-ti documenti: incisioni in studio di arie e di due opere complete, oltre a moltis-sime registrazioni "live"; restano anche alcuni film, in particolare quelli d'opera degli anni quaranta-cinquanta: Il barbiere di Siviglia, Rigoletto, La forza del destino, I Pagliacci - Amore tragico (con Gina Lollobrigida), L'elisir d'amore, Ca-valleria rusticana, ecc.

Il suo studio del personaggio ave-va una forte connotazione visiva: dise-gnava le caratteristiche fisiche di ogni personaggio con un po' di caricature, reali

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